domenica 7 febbraio 2010

Visita a Preganziol - 06/02/2010

Di Alida Nepa

ieri siamo andati a visitare la (il?) cohousing di Preganziòl.
sarà stata la autorevolezza e simpatia dei 2 anziani coniugi, la foschia e la nebbia,
il delizioso pranzo a base di pasta e fagioli con radicchi, la pasta madre, insomma una tristezza e un'invidia.... ma anche una flebo di ottimismo quando Bruno e Anna continuavano a ripeterci: fatelo, fatelo subito!
allego un paio di foto, di seguito un articolo con quello ci ha raccontato il patriarca...e lascio la parola a Caterina, Daniela, Giuliana, Silvia, Elisa, Giancarla se vogliono raccontarci le loro emozioni.

Nicole, che era venuta contro voglia naturalmente, è invece stata illuminata, bello bello continuava a ripetere ieri sera, chissà forse credeva che i cohousers avessero 3 occhi e vestissero di stracci in una capanna; invece Bruno era elegante e distinto con tanto di cravatta, un vero " creativo culturale", un democristiano di 76 anni che è stato uno dei primi in Italia a coltivare biodinamico, e molto altro.
ciao
Alida

Siamo l’ antidoto alla solitudine dei nostri tempi

la tribuna di Treviso — 03 gennaio 2010

PREGANZIOL. Nei progetti iniziali, «Rio Selva» doveva essere l’approdo per un gruppo di coppie anziane che nella vita condivisa avrebbero potuto trovare sostegno e stimoli. Era questo il sogno di Bruno Moro, caposettore sociale dell’Usl in pensione, sindaco di Preganziol negli anni Novanta e poi amministratore dell’Istituto Gris, affiancato dall’inseparabile moglie Anna Maria. Dai cohouser anziani a quelli giovani: Moro, cosa è successo? «Prima di avviare il progetto «Rio Selva» abbiamo svolto un’analisi storica e sociologica sugli anziani. Quando l’età aumenta, corrisponde un calo energetico: se non ti attrezzi per tempo, il rischio è quello di finire accudito da una badante o in casa di riposo. In una prima fase, 16 coppie erano interessate a vivere assieme. Al momento di concretizzare, tutti si sono tirati indietro, segno della diffusa stupidità di tanti anziani troppo aggrappati alle loro poche cose per essere pronti a metterle in comune. Abbiamo quindi scelto di aprire alle giovani coppie». Da dove nasce l’esperienza di «Rio Selva»? «Negli anni Settanta a Treviso con Anna ed altre famiglie abbiamo fondato «La Betulla», un condominio con spazi comuni per la socialità. Segno distintivo erano le chiavi sempre attaccate sulla porta di ogni appartamento. Ci siamo staccati nel 1977. Intanto avevamo acquistato la casa colonica a Preganziol dove mio cognato e la moglie ospitavano alcuni ragazzi in difficoltà. Assieme a due coppie di amici abbiamo creato una comune che è durata 4 anni. Nel frattempo continuavamo ad ospitare giovani con problemi psichici. Poi è maturata l’idea della cohousing». Cosa spinge una persona a vivere in cohousing? «La società manda il messaggio che stare da soli è bello, stare isolati è meglio, che la solidarietà è difficile da proporre nel quotidiano. La cohousing è l’antidoto alla solitudine imperante di questo mondo, che colpisce specie gli anziani. E’ la ricetta contro l’egoismo e garantisce un’utilità complessiva nel mettersi assieme sia dal punto di vista intellettivo e sociale, sia economico». Qual è il futuro di «Rio Selva»? «Il futuro è dei nuovi. Un giorno saremo noi vecchi ad aver bisogno dei cohouser più giovani. Per migliorare l’esperienza è necessario non perdere mai la voglia di rinnovarsi per ritrovare sempre il senso di stare qua». (ru.b.)